
INTRODUZIONE
La diffusione non consensuale di immagini attraverso piattaforme digitali rappresenta un fenomeno in costante crescita che va ben oltre il tradizionale “revenge porn”. Sempre più frequentemente si assiste alla pubblicazione di fotografie di donne, ragazze, mogli e figlie su siti web e social network senza il loro consenso, con l’obiettivo di esporle a commenti irrispettosi, offensivi e denigratori. Questo comportamento, che può assumere forme diverse ma ugualmente lesive, trova nell’ordinamento italiano una risposta articolata attraverso molteplici strumenti di tutela penale, civile e amministrativa.
IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
L’ordinamento giuridico italiano offre una protezione multiforme contro la diffusione non consensuale di immagini, anche quando queste non abbiano contenuto sessualmente esplicito. Il fondamento della tutela risiede nel riconoscimento costituzionale della dignità umana e nel diritto alla riservatezza, che trovano specificazione in diverse disposizioni normative.
L’articolo 10 del Codice civile costituisce il pilastro della tutela del diritto all’immagine, stabilendo che l’autorità giudiziaria può disporre la cessazione dell’abuso e il risarcimento dei danni quando l’immagine di una persona sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi consentiti dalla legge o con pregiudizio al decoro o alla reputazione. La norma tutela non solo il soggetto direttamente ritratto, ma anche i suoi congiunti, riconoscendo la dimensione familiare del danno che può derivare dalla diffusione illecita di immagini.
Sul versante penale, l’articolo 595 del Codice penale disciplina il reato di diffamazione, che assume particolare rilevanza quando la pubblicazione di immagini sia accompagnata da commenti offensivi o sia finalizzata a esporre la vittima al pubblico ludibrio. Il terzo comma della norma prevede un’aggravante specifica quando l’offesa è recata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, categoria che comprende certamente internet e i social network.
L’INTERPRETAZIONE GIURISPRUDENZIALE DELLA DIFFAMAZIONE ONLINE
La giurisprudenza di legittimità ha fornito importanti chiarimenti sulla configurabilità del reato di diffamazione attraverso la pubblicazione non consensuale di immagini online. La Cassazione Penale, Sezione V, con sentenza n. 20349 del 25 maggio 2022, ha precisato che la condotta lesiva dell’onore e della reputazione si configura con la divulgazione di immagini private accompagnate da commenti offensivi e volgari, anche quando questi abbiano natura sessuale. La Corte ha sottolineato come la diffusione non consensuale attraverso il web integri l’aggravante del mezzo di pubblicità, data la potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, amplificando notevolmente il danno all’onore e alla reputazione del soggetto leso.
Particolarmente significativa è la precisazione secondo cui la particolare gravità di tale forma di diffamazione si caratterizza per la permanenza nel tempo del materiale diffamatorio e per la difficoltà di una sua completa rimozione dalla rete, giustificando l’applicazione di pene detentive significative e la subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno in favore della persona offesa.
La Cassazione Penale, Sezione V, con sentenza n. 26406 del 4 luglio 2024, ha ulteriormente chiarito che la pubblicazione su Facebook di fotografie di persone ritratte in luoghi privati, accompagnate da commenti che attribuiscono loro specifici comportamenti mai tenuti, integra il reato di diffamazione aggravata qualora non siano rispettati i requisiti della verità, pertinenza e continenza. La Corte ha precisato che l’offensività delle espressioni va valutata non solo dal significato letterale delle parole ma dal complessivo contesto comunicativo, potendo realizzarsi anche quando il contesto e le modalità di diffusione determinano un mutamento del significato apparente di frasi altrimenti non diffamatorie.
GLI ATTI PERSECUTORI E IL CYBERSTALKING
Quando la pubblicazione di immagini si inserisce in un contesto di condotte reiterate finalizzate a molestare o intimidire la vittima, può configurarsi il reato di atti persecutori previsto dall’articolo 612-bis del Codice penale. La norma punisce chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La sentenza del Tribunale Penale di Larino n. 306 del 5 ottobre 2017 ha chiarito che integrano tale fattispecie le condotte consistenti nella creazione di profili falsi sui social network per veicolare minacce di diffusione di materiale intimo, nonché nella concreta pubblicazione online di fotografie ritraenti la persona offesa in atteggiamenti intimi senza il suo consenso. Il Tribunale ha precisato che l’elemento soggettivo del reato non richiede che l’agente si rappresenti anticipatamente il risultato finale del danno arrecato alla vittima, essendo sufficiente la consapevolezza della serie di attacchi e aggressioni che vengono attuati in maniera perdurante.
La sentenza del Tribunale Penale di Vicenza n. 1032 del 3 agosto 2023 ha ulteriormente precisato che integrano il reato anche condotte moleste reiterate in un breve arco temporale, purché causalmente idonee a determinare uno degli eventi previsti dalla norma. La prova dello stato di ansia e paura può essere ricavata da elementi sintomatici del turbamento psicologico, desumibili dalle dichiarazioni della vittima, dai suoi comportamenti conseguenti e dalle sue condizioni soggettive.
LA TUTELA DEL DIRITTO ALL’IMMAGINE E ALLA PRIVACY
La pubblicazione non consensuale di fotografie, anche quando non accompagnata da commenti esplicitamente offensivi, può configurare una violazione del diritto all’immagine tutelato civilmente. La sentenza del Tribunale Civile di Roma n. 11192 del 17 maggio 2005 ha stabilito che la pubblicazione non autorizzata di fotografie ritraenti l’immagine altrui su siti telematici costituisce violazione del diritto all’immagine e lesione del diritto alla riservatezza. Il diritto all’immagine si configura come diritto assoluto che comporta il divieto generale a carico di tutti i terzi di esporre o pubblicare il ritratto altrui senza il consenso dell’interessato.
La sentenza del Tribunale Civile di Ravenna n. 398 del 7 giugno 2023 ha precisato che la riproduzione del ritratto di una persona richiede il preventivo consenso dell’interessato, non essendo sufficiente un mero consenso verbale che deve essere provato da chi lo invoca. La lesione del diritto all’immagine e alla riservatezza non comporta automaticamente un danno risarcibile in re ipsa, dovendo la parte che agisce in giudizio allegare e provare specifici pregiudizi di carattere non patrimoniale quali turbamento, sofferenza psicologica o altre conseguenze negative concrete.
LA RESPONSABILITÀ DELLE PIATTAFORME DIGITALI
Un aspetto cruciale nella lotta contro la diffusione non consensuale di immagini riguarda la responsabilità delle piattaforme digitali che ospitano i contenuti illeciti. Sebbene il regime di responsabilità degli intermediari sia disciplinato principalmente dalla normativa europea, le piattaforme sono chiamate a implementare sistemi efficaci di segnalazione e rimozione dei contenuti illeciti.
La Cassazione Civile, Sezione I, con ordinanza n. 12855 del 23 maggio 2018, ha chiarito che la responsabilità del gestore di un sito internet non può essere esclusa mediante l’invocazione della disciplina limitativa per i prestatori di servizi di hosting quando risulti accertato che il soggetto non si è limitato a fornire spazio virtuale nella rete per contenuti realizzati e diffusi da terzi, ma costituisce il soggetto cui fa diretto riferimento la gestione del sito stesso.
LA TUTELA AMMINISTRATIVA E IL RUOLO DEL GARANTE PRIVACY
Anche quando le immagini pubblicate non abbiano contenuto sessualmente esplicito, può trovare applicazione la tutela amministrativa prevista dal Codice della Privacy. L’articolo 144-bis, pur specificamente dedicato al “Revenge Porn”, può essere interpretato estensivamente per coprire situazioni in cui la pubblicazione di immagini, pur non sessualmente esplicite, sia finalizzata a recare nocumento alla vittima.
Il Garante per la Protezione dei Dati Personali può adottare provvedimenti di blocco e rimozione dei contenuti entro quarantotto ore dalla segnalazione, rappresentando uno strumento di tutela immediata particolarmente efficace. I gestori delle piattaforme digitali destinatari dei provvedimenti devono conservare il materiale oggetto della segnalazione per dodici mesi a soli fini probatori.
IL CONCORSO DI REATI E LE FATTISPECIE CONNESSE
La pubblicazione non consensuale di immagini può concorrere con altri reati. La Cassazione ha chiarito che i reati di atti persecutori e diffusione illecita di immagini concorrono tra loro, presentando elementi costitutivi e beni giuridici tutelati differenti.
Altri reati che possono concorrere sono le interferenze illecite nella vita privata ex articolo 615-bis del Codice penale quando le immagini siano state acquisite illecitamente, e la molestia o disturbo alle persone ex articolo 660 quando la condotta si manifesti attraverso mezzi telematici.
LA TUTELA DEI MINORI
Particolare attenzione merita la tutela dei minori vittime di diffusione non consensuale di immagini. L’articolo 50 del Codice della Privacy prevede specifici divieti di pubblicazione e divulgazione di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione di un minore, con sanzioni penali per la violazione.
La sentenza del Tribunale Civile di Trani n. 1391 del 20 luglio 2021 ha stabilito che rispondono solidalmente del danno non patrimoniale non solo gli autori diretti della diffusione pubblica, ma anche coloro che hanno contribuito alla catena di trasmissione del materiale illecito. Sono altresì responsabili i genitori dei minori autori dell’illecito, per culpa in educando, qualora non dimostrino di aver impartito un’educazione adeguata e di aver vigilato concretamente sull’uso degli strumenti tecnologici da parte dei figli.
IL RISARCIMENTO DEL DANNO
Il danno derivante dalla pubblicazione non consensuale di immagini può essere sia patrimoniale che non patrimoniale. La sentenza del Tribunale Civile di Milano n. 726 del 2 febbraio 2021 ha chiarito che il danno non patrimoniale è risarcibile nella forma del grave pregiudizio all’onore, alla reputazione, all’immagine e all’identità personale, e può essere provato anche in via presuntiva, valutando l’oggettiva portata diffamatoria della pubblicazione e la diffusività del mezzo di comunicazione utilizzato.
Il danno patrimoniale, in assenza di prova di specifiche voci di danno, può essere liquidato in via equitativa nella misura corrispondente al compenso che sarebbe stato presumibilmente richiesto per autorizzare la pubblicazione, tenendo conto del vantaggio economico conseguito dall’autore dell’illecito e di ogni altra circostanza rilevante.
GLI ASPETTI PROCESSUALI E PROBATORI
Dal punto di vista processuale, la prova della responsabilità per la pubblicazione illecita di immagini può presentare particolari difficoltà, specialmente quando si tratti di identificare l’autore materiale della condotta. La giurisprudenza ha chiarito che le indagini informatiche devono consentire di individuare in modo certo il soggetto che ha materialmente effettuato l’upload del materiale lesivo, attraverso l’identificazione del titolare dell’account utilizzato e/o dell’indirizzo IP da cui è stato eseguito l’accesso.
La Cassazione Penale, Sezione V, con sentenza n. 33273 del 28 luglio 2023, ha precisato che la prova della riconducibilità della pubblicazione all’imputato può essere desunta anche dalle dichiarazioni confessorie rese dallo stesso, essendo tali dichiarazioni pienamente utilizzabili senza incorrere nei limiti previsti per le confessioni stragiudiziali.
LE STRATEGIE DI PREVENZIONE E CONTRASTO
La lotta contro la diffusione non consensuale di immagini richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga non solo il sistema giudiziario, ma anche le istituzioni educative, i servizi sociali e le organizzazioni della società civile. È fondamentale promuovere campagne di sensibilizzazione sui rischi connessi alla condivisione di contenuti personali e sull’importanza del consenso nelle relazioni digitali.
Le forze dell’ordine hanno sviluppato competenze specialistiche per contrastare questi fenomeni, con unità dedicate ai reati informatici e protocolli specifici per la gestione delle denunce. La formazione degli operatori è essenziale per garantire un approccio sensibile e competente verso le vittime, considerando che spesso si tratta di soggetti particolarmente vulnerabili.
L’EVOLUZIONE TECNOLOGICA E LE NUOVE SFIDE
L’evoluzione tecnologica pone continuamente nuove sfide nella lotta contro la diffusione non consensuale di immagini. L’emergere di tecnologie come l’intelligenza artificiale e i deepfake richiede un costante aggiornamento degli strumenti normativi e investigativi. La facilità con cui oggi è possibile modificare, manipolare e diffondere immagini attraverso applicazioni sempre più sofisticate rende necessario un approccio dinamico e flessibile alla tutela dei diritti delle persone.
Particolare attenzione merita il fenomeno dei siti web specializzati nella pubblicazione di immagini di donne a loro insaputa, spesso organizzati in forum dove gli utenti possono commentare e valutare le fotografie pubblicate. Questi siti rappresentano una forma particolarmente insidiosa di violenza digitale, in quanto creano vere e proprie comunità dedicate all’oggettificazione e alla denigrazione delle vittime.
LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE DEL FENOMENO
La natura transnazionale delle piattaforme digitali rende spesso complessa l’applicazione della normativa nazionale. Molti siti web che ospitano contenuti illeciti hanno sede in paesi con legislazioni meno rigorose o sistemi giudiziari meno efficienti, rendendo difficoltosa l’adozione di misure cautelari e la rimozione dei contenuti.
La collaborazione internazionale assume quindi crescente importanza, sia attraverso accordi bilaterali che mediante l’armonizzazione degli strumenti di contrasto a livello europeo e globale. L’Unione Europea ha adottato il Digital Services Act, che impone obblighi specifici alle piattaforme digitali per la gestione dei contenuti illeciti, ma l’efficacia di tali misure dipende dalla loro concreta implementazione e dall’effettiva cooperazione degli operatori.
IL RUOLO DELL’AVVOCATO NELLA TUTELA DELLE VITTIME
L’intervento dell’avvocato nella tutela delle vittime di diffusione non consensuale di immagini online richiede un approccio strategico multidisciplinare che coordini efficacemente strumenti penali, civili e amministrativi. Il primo e più urgente intervento consiste nell’attivazione della procedura di rimozione immediata prevista dall’articolo 144-bis del Codice della Privacy, che consente di segnalare al Garante per la Protezione dei Dati Personali il pericolo di diffusione, ottenendo provvedimenti di blocco entro quarantotto ore. Parallelamente, l’avvocato deve richiedere al tribunale civile misure cautelari d’urgenza ex articolo 700 del Codice di Procedura Civile per la cessazione immediata della diffusione illecita.
Sul versante penale, è fondamentale valutare le diverse fattispecie applicabili: dalla diffusione illecita di immagini ex articolo 612-ter, che richiede il dolo specifico di arrecare nocumento quando si applica il secondo comma, alla diffamazione aggravata online che, come chiarito dalla Cassazione, integra l’aggravante del mezzo di pubblicità amplificando il danno alla reputazione.
L’azione civile per il risarcimento del danno ex articolo 10 del Codice civile deve essere supportata da adeguata documentazione probatoria, considerando che la giurisprudenza ha precisato che il pregiudizio per il minore è insito nella diffusione della sua immagine sui social network. Particolare attenzione merita la gestione dei rapporti con le piattaforme digitali, dove la responsabilità dell’hosting provider si configura quando, venuto a conoscenza della manifesta illiceità dei contenuti, ometta di rimuoverli tempestivamente.
L’avvocato deve coordinare strategicamente questi diversi strumenti processuali, considerando che l’articolo 140-bis del Codice della Privacy prevede forme alternative di tutela che rendono improponibile un’ulteriore domanda giudiziaria una volta presentato reclamo al Garante, richiedendo quindi una valutazione accurata della strategia processuale più efficace per garantire alla vittima la massima protezione possibile.
PROSPETTIVE FUTURE
La diffusione non consensuale di immagini, anche quando non abbiano contenuto sessualmente esplicito, rappresenta una grave violazione della dignità e della privacy delle persone, con conseguenze devastanti per le vittime. L’ordinamento italiano offre un quadro normativo articolato che consente di contrastare efficacemente questi comportamenti, ma la sfida rimane complessa e in continua evoluzione.
La giurisprudenza sta contribuendo a definire i contorni applicativi delle norme, fornendo interpretazioni che ampliano la tutela delle vittime e chiariscono i rapporti tra le diverse fattispecie criminose. Tuttavia, è essenziale continuare a investire nella prevenzione, nell’educazione digitale e nella formazione degli operatori per costruire una società più consapevole e rispettosa della dignità di ogni persona.
L’approccio deve necessariamente essere integrato, combinando strumenti penali, civili e amministrativi per garantire una protezione effettiva. La rapidità con cui si evolve il panorama tecnologico richiede inoltre un costante aggiornamento degli strumenti normativi e una particolare attenzione alle nuove forme di violenza digitale che possono emergere.
Solo attraverso un impegno condiviso di istituzioni, operatori del diritto, piattaforme digitali e società civile sarà possibile contrastare efficacemente questo fenomeno e garantire che il diritto alla dignità e alla riservatezza sia effettivamente tutelato anche nell’era digitale. La sfida è quella di bilanciare la libertà di espressione e comunicazione con la protezione dei diritti fondamentali della persona, costruendo un ecosistema digitale più sicuro e rispettoso per tutti.
CONCLUSIONE
In conclusione, riportiamo una citazione di Immanuel Kant che riflette l’essenza del fenomeno analizzato:
“La dignità dell’uomo non consiste nell’essere oggetto, ma nel rimanere sempre soggetto.”
Catalina Bargan
BIBLIOGRAFIA
Fonti Normative
Codice civile:
• Art. 10 del Codice civile – Abuso dell’immagine altrui
Codice penale:
• Art. 595 del Codice penale – Diffamazione
• Art. 612-bis del Codice penale – Atti persecutori
• Art. 612-ter del Codice penale – Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti
• Art. 615-bis del Codice penale – Interferenze illecite nella vita privata
• Art. 621 del Codice penale – Rivelazione del contenuto di documenti segreti
• Art. 660 del Codice penale – Molestia o disturbo alle persone
• Art. 600-ter del Codice penale – Pornografia minorile
• Art. 600-quater del Codice penale – Detenzione o accesso a materiale pornografico
• Art. 600-quater.1 del Codice penale – Pornografia virtuale
Codice di Procedura Penale:
• Art. 114 del Codice di Procedura Penale – Divieto di pubblicazione di atti e di immagini
Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003)
• Art. 144-bis del Codice della Privacy – Revenge porn
• Art. 50 del Codice della Privacy – Notizie o immagini relative a minori
GIURISPRUDENZA DI CASSAZIONE:
Cassazione Penale:
• Cassazione Penale, Sez. V, sentenza n. 20349 del 25 maggio 2022 – Diffamazione aggravata online e pubblicazione non autorizzata di foto intime
• Cassazione Penale, Sez. V, sentenza n. 26406 del 4 luglio 2024 – Diffamazione a mezzo social network e limiti del diritto di critica
• Cassazione Penale, Sez. I, sentenza n. 33230 del 28 agosto 2024 – Rapporti tra atti persecutori e revenge porn
• Cassazione Penale, Sez. V, sentenza n. 14927 del 7 aprile 2023 – Diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite
• Cassazione Penale, Sez. V, sentenza n. 19201 del 15 maggio 2024 – Elemento soggettivo nel revenge porn
Cassazione Civile:
• Cassazione Civile, Sez. III, ordinanza n. 2978 del 1° febbraio 2024 – Tutela del diritto all’immagine dei minori
GIURISPRUDENZA DI MERITO:
Tribunali Civili:
• Tribunale Civile di Torino, sentenza n. 5338 del 25 ottobre 2024 – Pubblicazione di immagini di minori sui social network
• Tribunale Civile di Bologna, sentenza n. 2829 del 29 ottobre 2024 – Responsabilità civile dei genitori per diffusione di materiale pedopornografico
• Tribunale Civile di Frosinone, sentenza n. 338 del 16 marzo 2016 – Diffusione non consensuale di dati sensibili