
INTRODUZIONE
Nel corso della mia carriera professionale, ho avuto modo di affrontare numerosi casi complessi in ambito di diritto di famiglia, ma quello che mi accingo a raccontare rappresenta uno degli episodi più significativi e drammatici che abbia mai seguito. È la storia di una famiglia apparentemente normale che si è trovata travolta dalle conseguenze devastanti della ludopatia, una dipendenza comportamentale che, come dimostrato dalla cronaca giudiziaria, può distruggere non solo la vita di chi ne è affetto, ma anche quella dei familiari più vulnerabili: i minori.
IL CASO:
L’INIZIO DI UNA SPIRALE DISTRUTTIVA
La signora Maria si è presentata nel mio studio nell’inverno del 2023, accompagnata dalla sorella e visibilmente provata da mesi di tensioni familiari. Quarantadue anni, impiegata presso un ente locale, madre di due figli di quattordici e dieci anni, mi ha esposto una situazione che si era progressivamente deteriorata negli ultimi tre anni a causa della dipendenza dal gioco d’azzardo sviluppata dal marito Roberto, quarantacinque anni, titolare di una piccola attività nel settore della ristorazione.
La famiglia aveva sempre condotto un’esistenza serena, con un tenore di vita medio garantito dai redditi di entrambi i coniugi e dall’attività commerciale di Roberto, che negli anni aveva saputo costruire una clientela affezionata nel quartiere. Il primo segnale di allarme si era manifestato dopo la morte del padre di Roberto, avvenuta nell’estate del 2020. Il lutto aveva profondamente scosso Roberto, che aveva sempre avuto un rapporto molto stretto con il genitore, e la gestione dell’eredità familiare aveva comportato stress e responsabilità aggiuntive.
In questo momento di particolare vulnerabilità emotiva, Roberto aveva iniziato a frequentare con crescente assiduità le piattaforme di gioco online, inizialmente come forma di evasione dal dolore e dalle preoccupazioni legate alla perdita del padre e alla gestione delle questioni ereditarie. Quello che sembrava un innocuo passatempo si era trasformato in una vera ossessione. Maria mi ha raccontato di aver inizialmente sottovalutato i segnali: le ore trascorse al computer, l’irritabilità crescente del marito, i primi prelievi anomali dal conto corrente cointestato.
L’ESCALATION DELLA DIPENDENZA
La situazione è precipitata nell’estate del 2022, quando Maria ha scoperto che Roberto aveva utilizzato i risparmi familiari, circa venticinquemila euro destinati alla ristrutturazione della casa, per finanziare le sue sessioni di gioco. Non solo: aveva anche iniziato a contrarre debiti con fornitori dell’attività commerciale, utilizzando la merce come garanzia per ottenere prestiti da privati a tassi usurari.
Il quadro che mi si è delineato durante i nostri colloqui era quello di una famiglia completamente destabilizzata. Roberto aveva perso ogni controllo sulla propria dipendenza, arrivando a sottrarre denaro dal portafoglio della moglie e persino dai risparmi che i figli avevano accumulato con le paghette. La sua attività commerciale era sull’orlo del fallimento, con fornitori che si presentavano quotidianamente richiedendo il pagamento di fatture scadute.
Come evidenziato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 54 del 2024, la ludopatia costituisce “un fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all’alcoolismo, con riflessi, talvolta gravi, sulle capacità intellettive, di lavoro e di relazione di chi ne è affetto, e con ricadute negative altrettanto rilevanti sulle economie personali e familiari”.
L’IMPATTO DEVASTANTE SUI MINORI
Gli aspetti più drammatici riguardavano l’impatto sui minori. La figlia maggiore, Sara, aveva iniziato a manifestare sintomi di ansia e depressione, con un significativo calo del rendimento scolastico. Il figlio minore, Luca, aveva sviluppato disturbi del sonno e episodi di aggressività, probabilmente come reazione al clima di tensione costante che si respirava in casa. Entrambi i ragazzi erano testimoni delle frequenti liti tra i genitori, spesso caratterizzate da toni accesi e minacce reciproche.
Maria mi ha riferito di aver tentato in ogni modo di convincere il marito a intraprendere un percorso terapeutico presso il SerD locale, ma Roberto si era sempre rifiutato, negando di avere un problema e accusando la moglie di esagerare la gravità della situazione. Nel frattempo, aveva iniziato a manifestare comportamenti sempre più erratici: sparizioni improvvise da casa per intere giornate, bugie continue sulla propria attività lavorativa, episodi di collera incontrollata quando veniva messo di fronte alle proprie responsabilità.
IL PUNTO DI NON RITORNO
Il momento decisivo si è raggiunto nel febbraio del 2023, quando Roberto ha tentato di vendere di nascosto alcuni gioielli di famiglia, tra cui l’anello di fidanzamento della moglie e una collana appartenuta alla nonna di Maria, per procurarsi denaro da destinare al gioco. La scoperta di questo episodio ha spinto Maria a prendere la decisione di separarsi dal marito e di richiedere l’affidamento esclusivo dei figli.
Come chiarito dalla Cassazione penale con sentenza n. 12566 del 2023, i disturbi da gioco d’azzardo “possono rientrare nel concetto di ‘infermità’ ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, purché presentino caratteristiche di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o diminuendola in modo rilevante”.
LA STRATEGIA LEGALE E GLI STRUMENTI DI TUTELA
Dal punto di vista giuridico, il caso presentava diverse complessità. Era necessario valutare se la ludopatia di Roberto potesse configurare una delle ipotesi previste dall’articolo 330 del Codice civile per la decadenza dalla responsabilità genitoriale, oppure se fosse più appropriato ricorrere alle misure meno drastiche contemplate dall’articolo 333 del Codice civile.
Nel caso di Roberto, gli elementi di pregiudizio per i figli erano molteplici e documentabili: il deterioramento delle condizioni economiche familiari, l’instabilità emotiva manifestata dai minori, l’esposizione a un ambiente familiare caratterizzato da continue tensioni e conflitti. Un aspetto particolarmente delicato riguardava la valutazione della capacità di Roberto di amministrare i beni dei figli, considerando che aveva già dimostrato di non riuscire a controllare i propri impulsi quando si trattava di denaro.
IL PERCORSO PROCESSUALE
La strategia processuale che ho adottato si è articolata su più fronti. In primo luogo, ho richiesto una consulenza tecnica d’ufficio per valutare le condizioni psicologiche dei minori e l’impatto che la situazione familiare stava avendo sul loro sviluppo. Contemporaneamente, ho chiesto al Tribunale di disporre un accertamento presso il SerD per verificare se Roberto fosse effettivamente affetto da disturbo da gioco d’azzardo patologico.
La consulenza tecnica ha confermato le preoccupazioni di Maria: entrambi i figli mostravano segni di stress post-traumatico legato all’esposizione prolungata a un ambiente familiare disfunzionale. Sara, in particolare, aveva sviluppato una forma di ansia generalizzata che si manifestava attraverso attacchi di panico e difficoltà di concentrazione nello studio. Luca, dal canto suo, presentava disturbi del comportamento e difficoltà relazionali con i coetanei.
L’accertamento medico ha confermato che Roberto era affetto da disturbo da gioco d’azzardo in forma grave, con compromissione significativa del controllo degli impulsi e della capacità di valutazione delle conseguenze delle proprie azioni. Tuttavia, come evidenziato dalla sentenza del Tribunale penale di Vicenza n. 1766 del 2024, “la dedotta ludopatia dell’imputato non costituisce causa di esclusione della responsabilità penale, in quanto, ai fini dell’accertamento di una patologia da dipendenza cronica dal gioco, è necessaria una valutazione diagnostica specialistica che dimostri che tale patologia influenzi il comportamento di chi commette il reato rendendolo incapace di intendere e volere al momento del fatto”.
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE
Il procedimento si è concluso con una sentenza che ha accolto sostanzialmente le richieste di Maria. Il Tribunale ha disposto la separazione dei coniugi con addebito a carico di Roberto, motivando la decisione con la violazione dei doveri coniugali derivante dalla condotta ludopatica che aveva compromesso la stabilità economica e la serenità della famiglia.
Come stabilito dall’articolo 337-quater del Codice civile, “il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”. I figli sono stati affidati in via esclusiva alla madre, con diritto di visita del padre limitato e condizionato all’intrapresa di un percorso terapeutico presso strutture specializzate.
Particolarmente significativa è stata la decisione del giudice di applicare l’articolo 333 del Codice civile, disponendo la sospensione parziale della responsabilità genitoriale di Roberto limitatamente agli aspetti patrimoniali. Il Tribunale ha inoltre nominato un curatore speciale per i rapporti patrimoniali tra Roberto e i figli, in applicazione dell’articolo 321 del Codice civile, riconoscendo l’esistenza di un conflitto di interessi derivante dall’incapacità del padre di gestire responsabilmente le questioni economiche.
LE MISURE DI SOSTEGNO ECONOMICO
Per quanto riguarda l’assegno di mantenimento, il giudice ha stabilito un importo significativo a carico di Roberto, ma ha anche disposto che il pagamento avvenisse attraverso trattenuta diretta sui suoi redditi, applicando le disposizioni dell’articolo 316-bis del Codice civile. Questa misura si è resa necessaria per garantire la regolarità dei versamenti, considerando la storia di inaffidabilità di Roberto nella gestione del denaro.
L’articolo 316-bis del Codice civile prevede infatti che “in caso di inadempimento il presidente del tribunale o il giudice da lui designato, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro genitore”.
IL PERCORSO DI RECUPERO
La sentenza ha anche disposto che Roberto intraprendesse un percorso terapeutico presso il SerD come condizione per il mantenimento del diritto di visita ai figli. Questa previsione si inserisce nel più ampio quadro delle misure di sostegno e recupero previste per i soggetti affetti da dipendenze comportamentali, riconoscendo che la ludopatia è una patologia che richiede un trattamento specialistico.
Come previsto dall’articolo 332 del Codice civile, “il giudice può reintegrare nella responsabilità genitoriale il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio”.
L’EVOLUZIONE DEL CASO
L’evoluzione del caso nei mesi successivi alla sentenza ha mostrato luci e ombre. Roberto ha effettivamente iniziato il percorso terapeutico e ha mostrato alcuni segnali di miglioramento, riuscendo a mantenere l’astinenza dal gioco per diversi mesi. Tuttavia, la ricostruzione dei rapporti familiari si è rivelata un processo lungo e complesso, che ha richiesto anche il supporto di mediatori familiari e psicologi specializzati.
Maria, dal canto suo, ha dovuto affrontare non solo le difficoltà economiche derivanti dalla separazione, ma anche il peso emotivo di gestire da sola due figli adolescenti traumatizzati dall’esperienza vissuta. Il supporto dei servizi sociali e di associazioni specializzate nell’assistenza alle famiglie colpite da ludopatia si è rivelato fondamentale per il graduale recupero dell’equilibrio familiare.
LE IMPLICAZIONI PENALI
Un aspetto interessante del caso riguarda anche le potenziali implicazioni penali della condotta di Roberto. La sottrazione di denaro dai risparmi dei figli e l’utilizzo fraudolento di beni familiari per finanziare il gioco potrebbero configurare diverse fattispecie di reato, dall’appropriazione indebita alla violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Come evidenziato dalla sentenza del Tribunale penale di Vicenza n. 1766 del 2024, “il vizio del gioco può costituire causa della mancata disponibilità economica ma non integra una scriminante quando gli omessi versamenti non siano condotte commesse in vista di un’immediata occasione di gioco”.
L’IMPORTANZA DELL’APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE
Il caso rappresenta anche un esempio di come il diritto di famiglia stia evolvendo per rispondere a nuove forme di disagio sociale. La ludopatia, fenomeno in crescita negli ultimi anni anche a causa della diffusione del gioco online, pone sfide inedite al sistema giuridico, che deve trovare un equilibrio tra la tutela dei diritti individuali e la protezione dei soggetti più vulnerabili.
Come dimostrato dalla Cassazione penale con sentenza n. 27118 del 2023, in presenza di un rapporto familiare caratterizzato da reiterate condotte aggressive dell’agente, anche la mera richiesta di denaro accompagnata da toni perentori può integrare gli estremi della minaccia penalmente rilevante, quando sia idonea a generare uno stato di intimidazione nella vittima.
IL RUOLO DEI SERVIZI SOCIALI E SANITARI
La gestione dei casi di ludopatia in ambito familiare richiede necessariamente un approccio multidisciplinare. I Servizi per le Dipendenze (SerD) svolgono un ruolo fondamentale sia nella diagnosi che nel trattamento della patologia. La collaborazione tra autorità giudiziaria, servizi sociali e sanitari è essenziale per garantire un intervento efficace e coordinato.
Il coinvolgimento dei servizi sociali è spesso disposto dal giudice per monitorare l’evoluzione della situazione familiare e verificare l’efficacia degli interventi terapeutici. Questo monitoraggio è particolarmente importante quando si tratta di valutare la possibilità di ampliare i diritti di visita del genitore in trattamento o di modificare le modalità di affidamento.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
In conclusione, questa vicenda conferma l’importanza di un approccio interdisciplinare nella gestione delle crisi familiari legate alle dipendenze comportamentali. Solo attraverso la collaborazione tra avvocati, magistrati, operatori sanitari e servizi sociali è possibile costruire percorsi di recupero che tengano conto sia delle esigenze di cura del soggetto dipendente sia della necessità di proteggere i membri più fragili del nucleo familiare.
I minori, senza colpa alcuna, si trovano spesso a pagare il prezzo più alto di scelte che non hanno mai potuto influenzare. Il nostro compito, come operatori del diritto, è quello di garantire loro la protezione necessaria, utilizzando tutti gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione, sempre nella consapevolezza che dietro ogni procedimento giudiziario si nasconde una famiglia che ha bisogno di aiuto per ritrovare il proprio equilibrio.
La ludopatia rappresenta una delle sfide più complesse che il diritto di famiglia contemporaneo si trova ad affrontare, richiedendo un equilibrio delicato tra la tutela dei minori e il rispetto dei diritti genitoriali. L’esperienza di questo caso dimostra che l’approccio più efficace è quello che combina fermezza nella protezione dei minori con apertura verso percorsi di recupero per il genitore dipendente, sempre tenendo presente che l’interesse superiore del minore deve rimanere il criterio guida di ogni decisione.
Come evidenziato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 54 del 2024, “è la ludopatia in sé, e non la povertà che ne scaturisce, a costituire uno di quegli ostacoli di fatto che è compito della Repubblica rimuovere; questo è vero specialmente nei confronti delle componenti più deboli e meno facoltose della società”.