
INTRODUZIONE
Il fenomeno della diffamazione sui social network ha assunto dimensioni preoccupanti, coinvolgendo sempre più spesso anche i rapporti familiari. Quando le tensioni domestiche si trasferiscono nel mondo digitale, le conseguenze possono essere devastanti sia dal punto di vista penale che civile. La diffamazione sui social configura l’ipotesi aggravata dell’articolo 595, comma 3, del Codice penale, punita con reclusione da sei mesi a tre anni. Quando le condotte assumono carattere sistematico, può configurarsi il reato di atti persecutori ex articolo 612-bis, con pene più severe se commesso attraverso strumenti informatici. Il contesto familiare comporta l’applicazione dell’aggravante per abuso di relazioni domestiche.
LA DIFFAMAZIONE SUI SOCIAL NETWORK: INQUADRAMENTO GIURIDICO
La diffamazione attraverso i social media rappresenta una delle forme più insidiose di lesione della reputazione altrui. L’articolo 595 del Codice penale punisce chiunque, comunicando con più persone, offenda l’altrui reputazione. Quando l’offesa viene perpetrata attraverso Facebook, Instagram, Twitter o altri social network, si configura l’ipotesi aggravata prevista dal terzo comma della norma, che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni per l’offesa recata “con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”.
La giurisprudenza ha chiarito inequivocabilmente che la diffusione di messaggi diffamatori attraverso l’utilizzo di una bacheca Facebook integra l’ipotesi di diffamazione aggravata, poiché tale condotta è potenzialmente idonea a raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone.
IL CYBERBULLISMO FAMILIARE:
QUANDO LA FAMIGLIA DIVENTA TEATRO DI OFFESE ONLINE
Il cyberbullismo familiare rappresenta una particolare declinazione del fenomeno diffamatorio, caratterizzata dal fatto che le offese provengono da membri della stessa famiglia. Questa circostanza non attenua la gravità del comportamento, anzi può configurare specifiche aggravanti.
L’articolo 61 del Codice penale prevede infatti l’aggravante dell’aver commesso il fatto “con abuso di relazioni domestiche”, che può trovare applicazione anche nei casi di diffamazione tra familiari.
Quando le condotte diffamatorie si inseriscono in un contesto più ampio di vessazioni e molestie, può configurarsi il reato di atti persecutori previsto dall’articolo 612-bis del Codice penale. La norma punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura. La pena è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici, come appunto i social network.
LE CONSEGUENZE PENALI PER CHI DIFFAMA SUI SOCIAL
Chi si rende responsabile di diffamazione sui social network rischia conseguenze penali significative. La giurisprudenza ha stabilito che integra il reato di diffamazione aggravata la condotta di chi pubblica su Facebook commenti offensivi e denigratori, in quanto la diffusione attraverso una bacheca social è potenzialmente idonea a raggiungere un numero indeterminato di persone.
È importante sottolineare che non è invocabile l’esimente del diritto di critica quando vengano superati i limiti della continenza formale mediante l’uso di espressioni gratuitamente offensive che, anziché esprimere un dissenso ragionato, si traducono in un’aggressione gratuita dell’altrui reputazione.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, anche nella forma del dolo eventuale, consistente nella consapevolezza di offendere l’onore e la reputazione altrui, desumibile dall’intrinseca portata diffamatoria delle espressioni utilizzate.
IL RISARCIMENTO DEL DANNO DA CYBERBULLISMO FAMILIARE
Una delle questioni più delicate riguarda la possibilità di ottenere un risarcimento per i danni subiti a causa del cyberbullismo familiare. La giurisprudenza ha chiarito che il danno all’onore e alla reputazione non è in re ipsa ma deve essere oggetto di specifica allegazione e prova da parte dell’attore, anche attraverso presunzioni, assumendo rilevanza quali parametri di riferimento la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della vittima.
Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha precisato che in caso di danno non patrimoniale derivante dall’offesa alla reputazione, questo deve ritenersi provato su base presuntiva, considerando le intuibili ripercussioni in termini di sofferenza e disagio, con particolare rilevanza quando la vittima svolge un’attività professionale rivolta al pubblico per la quale la reputazione presso la collettività costituisce elemento fondamentale.
I CRITERI PER LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO
La liquidazione del danno non patrimoniale da diffamazione sui social network deve essere effettuata in via equitativa, tenendo conto di molteplici fattori. La Cassazione ha individuato i seguenti parametri: la notorietà del soggetto diffamante, lo strumento di comunicazione utilizzato e la sua capacità diffusiva, l’eventuale carica pubblica rivestita dal soggetto passivo, la sussistenza o meno di successiva rettifica, la parziale veridicità delle notizie riportate, la notorietà dell’ente diffamato.
Nel caso specifico della diffamazione tramite social network, assume particolare rilevanza la capacità del mezzo di orientare l’opinione pubblica, nonché la diffusività della lesione in relazione al target di utenti che frequentano abitualmente la piattaforma utilizzata.
LE TUTELE PROCESSUALI E LE MISURE CAUTELARI
Quando il cyberbullismo familiare assume connotati particolarmente gravi, possono essere adottate specifiche misure cautelari. L’articolo 282-bis del Codice di procedura penale prevede la possibilità di disporre l’allontanamento dalla casa familiare quando si procede per determinati delitti, tra cui quelli previsti dall’articolo 612-bis (atti persecutori), se commessi in danno dei prossimi congiunti o del convivente.
Inoltre, l’articolo 362-bis del Codice di procedura penale stabilisce che il pubblico ministero deve valutare senza ritardo, e comunque entro trenta giorni dall’iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato, la sussistenza dei presupposti di applicazione delle misure cautelari quando si procede per determinati delitti commessi in danno del coniuge, del convivente o di prossimi congiunti.
LA TUTELA CIVILE:
RIMOZIONE DEI CONTENUTI E RISARCIMENTO
Sul versante civilistico, la vittima di cyberbullismo familiare può agire per ottenere sia la cessazione dell’illecito che il risarcimento del danno. L’articolo 10 del Codice civile prevede che l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso dell’immagine altrui, salvo il risarcimento dei danni.
La giurisprudenza ha chiarito che in assenza di prova del danno-conseguenza, pur in presenza di una condotta illecita, non può essere accordato il risarcimento, potendosi unicamente ordinare la rimozione dei contenuti diffamatori dalle piattaforme social e dal web per prevenire potenziali danni futuri.
L’ELEMENTO PROBATORIO NELLA DIFFAMAZIONE SUI SOCIAL
Un aspetto cruciale riguarda la prova della paternità dei messaggi diffamatori. La Cassazione ha stabilito che la riconducibilità dei post diffamatori all’autore può essere provata attraverso elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, quali la corrispondenza tra foto del profilo e documento d’identità, l’assenza di denunce per furto d’identità digitale e la circostanza che l’autore abbia replicato alle risposte della persona offesa, non essendo necessaria la prova tecnica dell’indirizzo IP tramite rogatoria internazionale.
LE SPECIFICITÀ DEL CONTESTO FAMILIARE
Il cyberbullismo familiare presenta alcune peculiarità rispetto alla diffamazione ordinaria. Innanzitutto, il rapporto di parentela può configurare specifiche aggravanti, come quella prevista dall’articolo 61 del Codice penale per l’abuso di relazioni domestiche. Inoltre, la conoscenza diretta dei fatti privati e delle vulnerabilità della vittima può rendere le offese particolarmente penetranti e dolorose.
Tuttavia, è importante ricordare che l’articolo 649 del Codice penale prevede specifiche disposizioni per i fatti commessi a danno di congiunti, stabilendo la non punibilità per alcuni reati contro il patrimonio commessi tra familiari. Questa norma, tuttavia, non si applica ai delitti di diffamazione, che rimangono pienamente perseguibili anche quando commessi tra familiari.
LA PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO
In alcuni casi, potrebbe trovare applicazione l’istituto della particolare tenuità del fatto previsto dall’articolo 131-bis del Codice penale. Tuttavia, la norma esclude espressamente l’applicazione di tale istituto quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili o ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, circostanze che spesso ricorrono nei casi di cyberbullismo familiare.
Le conseguenze sui minori
Quando il cyberbullismo familiare coinvolge minori, le conseguenze possono essere particolarmente gravi. L’articolo 572 del Codice penale stabilisce che il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti si considera persona offesa dal reato, principio che può estendersi anche alle forme di cyberbullismo familiare quando assumano carattere sistematico e vessatorio.
STRATEGIE DIFENSIVE E CONSIGLI PRATICI
Per chi si trova vittima di cyberbullismo familiare, è fondamentale adottare una strategia difensiva articolata. Innanzitutto, è essenziale documentare accuratamente tutte le condotte offensive, effettuando screenshot dei post e dei commenti diffamatori, conservando le prove in modo che mantengano valore probatorio.
È consigliabile presentare tempestivamente denuncia alle autorità competenti, valutando anche la possibilità di richiedere misure cautelari quando la situazione lo richieda. Sul versante civile, si può agire per ottenere la rimozione immediata dei contenuti diffamatori e il risarcimento del danno subito.
IL RUOLO DELL’AVVOCATO NELLA TUTELA DELLE VITTIME
DI CYBERBULLISMO FAMILIARE
L’intervento dell’avvocato specializzato si articola su molteplici livelli di intervento. In primo luogo, l’avvocato deve procedere a una valutazione accurata della fattispecie concreta, analizzando i contenuti diffamatori pubblicati sui social network per verificare la sussistenza degli estremi del reato di diffamazione aggravata. La valutazione della potenziale offensività dei commenti pubblicati online richiede un’attenta analisi dei confini del legittimo esercizio del diritto di critica in relazione alle peculiarità di questi moderni mezzi di comunicazione sociale.
Sul versante probatorio, il legale deve curare la documentazione accurata di tutte le condotte offensive, effettuando screenshot dei post e dei commenti diffamatori in modo che mantengano valore probatorio nel processo. L’individuazione dell’autore di un post o commento può essere effettuata anche in assenza di specifici accertamenti sull’intestazione dell’indirizzo IP, sulla base di elementi di natura indiziaria, tra cui l’assenza di denuncia di furto di identità digitale da parte dell’intestatario della bacheca.
L’avvocato può inoltre richiedere l’adozione di misure cautelari urgenti per la rimozione immediata dei contenuti diffamatori dalle piattaforme social. L’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso dell’immagine altrui, salvo il risarcimento dei danni, principio che si estende anche alla tutela della reputazione online.
Quando la situazione assume connotati di particolare gravità, con condotte sistematiche e vessatorie, l’avvocato può valutare la richiesta di misure cautelari personali, come l’allontanamento dalla casa familiare previsto per i casi di atti persecutori commessi in danno dei prossimi congiunti. In questi casi, quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice può adottare specifici ordini di protezione contro gli abusi familiari.
CONCLUSIONE
A conclusione di questa analisi, riportiamo una celebre riflessione di Simone de Beauvoir che ben sintetizza l’essenza del tema trattato:
‘Tutti i legami sono fragili quando vengono esposti al giudizio del mondo”.
Catalina Bargan
BIBLIOGRAFIA:
FONTI NORMATIVE
Codice Penale (R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)
• Art. 595 – Diffamazione
• Art. 612-bis – Atti persecutori
• Art. 61 – Circostanze aggravanti comuni
• Art. 612-ter – Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti
Codice Civile (R.D. 16 marzo 1942, n. 262)
• Art. 10 – Abuso dell’immagine altrui
Codice di Procedura Penale (D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)
• Art. 362-bis – Misure urgenti di protezione della persona offesa
Legge Professione Forense (Legge 31 dicembre 2012, n. 247)
• Art. 2 – Principi dell’esercizio dell’attività professionale
• Art. 6 – Segreto professionale
GIURISPRUDENZA DI CASSAZIONE
DIFFAMAZIONE SUI SOCIAL NETWORK
• Cass. Pen., Sez. V, n. 14345/2024 – Diffamazione aggravata tramite Facebook
• Cass. Pen., Sez. V, n. 28331/2023 – Prova indiziaria della paternità dei post diffamatori
• Cass. Pen., Sez. V, n. 26136/2024 – Attribuzione su base indiziaria e diritto di critica
ATTI PERSECUTORI E CYBERBULLISMO
• Cass. Pen., Sez. V, n. 17034/2024 – Atti persecutori e diffamazione tramite social network
• Cass. Pen., Sez. V, n. 9387/2022 – Configurazione del reato di atti persecutori
ASPETTI PROBATORI
• Cass. Pen., Sez. V, n. 25037/2023 – Prova indiziaria e acquisizione di screenshot
• Cass. Pen., Sez. V, n. 40309/2022 – Furto di identità digitale come elemento indiziario
GIURISPRUDENZA DI MERITO
RISARCIMENTO DEL DANNO
• Trib. Pen. Ferrara, n. 76/2024 – Danno non patrimoniale su base presuntiva
• Trib. Civ. Lanciano, n. 41/2021 – Parametri per la liquidazione del danno
ASPETTI PROCESSUALI E PROBATORI
• Trib. Civ. Livorno, n. 532/2024 – Individuazione dell’autore senza accertamenti IP
• Cass. Civ., Ord. n. 349/2024 – Valutazione dell’offensività dei commenti online
Questa bibliografia comprende le principali fonti normative e giurisprudenziali utilizzate per la redazione dell’articolo, fornendo un quadro completo e aggiornato della disciplina del cyberbullismo familiare e della diffamazione sui social network nell’ordinamento italiano.