Il recesso da una società di capitali a tempo determinato superiore alla vita dei soci
-“Per quanto tempo è per sempre?”- chiese Alice –“A volte solo un secondo”- rispose il Bianconiglio. E come risponderebbero, invece, il legislatore e gli interpreti se a chiederlo fossero i soci di una società?
Il presente articolo tratta la disciplina del diritto di recesso dei soci, ed in particolare esamina l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale relativa al caso di una società di capitali contratta a tempo determinato, ma eccessivamente lungo.
In via generale, il diritto di recesso è un diritto potestativo unilaterale recettizio con cui la parte può sciogliere un vincolo contrattuale a cui si era precedentemente obbligata.
In ambito societario, il diritto di recesso ha ad oggetto lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio che lo esercita. La previsione di tale possibilità rappresenta un compromesso tra le opposte esigenze di tutela della stabilità dell’impresa sociale da un lato, e dall’altro lato l’esigenza di garanzia della libertà economica dell’individuo.
I casi e i limiti entro cui è possibile esercitare tale diritto differiscono a seconda del modello societario.
In particolare, le ipotesi di recesso legale possono essere così riassunte:
- per le società di persone:
– recesso libero nel caso di società contratta a tempo indeterminato o per un tempo eccedente
la vita del socio;
– recesso libero in caso di proroga tacita del termine di durata della società;
– recesso per giusta causa ovvero in presenza di fatti di tale gravità tale da porre in crisi il rapporto tra i soci;
– ipotesi tipizzate:
- socio che non abbia concorso alla decisione di trasformazione in società di capitali;
- socio che non abbia acconsentito alla fusione;
- nelle ipotesi di introduzione e rimozione di clausole arbitrali (ex art 34 d. lgs. 5/2003);
- nelle ipotesi dettate dall’articolo 2497‐quater per le società soggette a direzione e coordinamento;
- per le società di capitali:
- recesso libero nel caso di società non quotata contratta a tempo indeterminato (post Riforma 2003);
- cause di recesso tipizzate e inderogabili:
- la modifica significativa dell’oggetto sociale,
- la trasformazione della società, il trasferimento della sede all’estero,
- la revoca dello stato di liquidazione,
- l’eliminazione di una o più cause di recesso derogabili o previste dallo statuto,
- la modificazione dei criteri di valutazione delle azioni in caso di recesso,
- le modifiche dello statuto concernenti il diritto di voto o di partecipazione;
- qualora il valore dei beni o dei crediti conferiti in natura sia risultato, dopo la revisione effettuata dagli amministratori, inferiore oltre un quinto a quello per cui avvenne il conferimento (ex art 2343);
- nel caso di introduzione di clausole statutarie che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o altri soci (ex art 2355 bis diritto di recesso dell’alienante se non è previsto in alternativa l’obbligo di acquisto a carico della società);
- nelle ipotesi dettate dall’articolo 2497‐quater per le società soggette a direzione e coordinamento;
- nelle ipotesi di introduzione e rimozione di clausole arbitrali (ex art 34 d. lgs. 5/2003);
- nel caso previsto all’art 5 d. lg. 108/2008 in cui la società risultante dalla fusione transfrontaliera sia una società di altro Stato membro;
- per le società con azioni quotate nei mercati regolamentati, per i soci che non abbiano concorso alla deliberazione di esclusione della quotazione;
- cause di recesso tipizzate ma derogabili dall’atto costitutivo o dallo statuto:
- la proroga del termine di durata della società;
- l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni; recesso libero nel caso di società contratta a tempo indeterminato.
La disciplina appena presentata è il frutto dell’importante riforma societaria del 2003 (d. lgs. 6/2003) che ha operato un vasto ampliamento delle cause di exit. Una delle più importanti e significative novità è rappresentata dall’estensione anche alle società di capitali della possibilità di costituzione a tempo indeterminato. Tale previsione ha, tuttavia, sollevato nuovi dubbi interpretativi riguardanti l’estensione della disciplina del recesso libero alle società di capitali contratte per un tempo determinato ma eccessivamente lungo, ovvero eccedente la vita dei soci o la durata del progetto imprenditoriale.
Vero è infatti che per le società di persone è lo stesso articolo di legge (cfr. 2285 c.c.) a prevedere l’equiparazione dei due casi, testualmente “Ogni socio può recedere dalla società quando questa è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci”. È, dunque, necessario chiedersi se sia possibile un’applicazione analogica di tale norma alle società per azioni.
In breve:
Nel passato, tale equiparazione era facilmente riconosciuta dalla giurisprudenza della Suprema Corte, che nella sentenza 9962/2013 dichiarava “la previsione statutaria di una durata della società per un termine particolarmente lungo, tale da superate qualsiasi orizzonte previsionale anche per un soggetto collettivo, ne determina l’assimilabilità ad una società a tempo indeterminato, onde [omissis] compete al socio il diritto di recesso, sussistendo la medesima esigenza di tutelarne l’affidamento circa la possibilità di disinvestimento della quota”.
La questione è stata recentemente riesaminata dalla stessa Corte di Cassazione la quale, con la sentenza del 21 febbraio 2020, n. 4716, ha ribaltato il precedente orientamento consolidato.
Nel caso in esame, nell’ottobre del 2008 due soci di una società per azioni costituita nel 2004 esercitavano il diritto di recesso ritenendo che la prolungata durata della società, fissata fino al 31 dicembre 2100, fosse da ricondurre ad una durata indeterminata del contratto, per la quale è quindi normativamente ammesso il recesso libero. La società, d’altro canto, opponeva l’approvazione da parte dei soci richiedenti della clausola statutaria di rinuncia al diritto di recesso per il caso di proroga della durata, manifestazione implicita della loro volontà di rinunciare al diritto di recesso (salvo per le ipotesi legali inderogabili).
Con la sentenza del 21 febbraio 2020, la Corte afferma che, dall’interpretazione letterale dell’art 2437 comma 3 c.c. e dalla valutazione sistematica della disciplina dettata per le società di capitali, non è possibile riconoscere al socio di società per azioni a tempo determinato il diritto di recesso libero, neppure se il temine di durata della società è superiore o uguale alla vita dei soci.
In particolare, secondo i giudici “il terzo comma dell’art 2437 c.c. è norma derogabile, essendo prevista nell’ultimo comma dello stesso articolo la inderogabilità soltanto per le ipotesi di recesso contemplate al primo comma.
Trattandosi di previsione derogabile, il socio non può dolersi della sua violazione attraverso una previsione statutaria asseritamente elusiva di essa.
In altre parole, la fissazione di un termine particolarmente lungo di durata della società, ben può configurare una modalità di esclusione del diritto di recesso del socio, riconosciuto dalla legge nell’ipotesi di durata indeterminata della società. […] L’estensione alla società per azioni della disciplina del recesso del socio, sotto il profilo qui in discussione [ovvero per le società costituite per una durata determinata ancorché particolarmente lunga], prevista per le società di persone, trova ostacolo in esigenze di certezza e di tutela, in particolare, dell’interesse dei terzi creditori.
Basti considerare che, mentre i creditori di una società di persone possono fare affidamento, oltre che sul patrimonio societario, anche sui patrimoni personali dei soci illimitatamente responsabili, viceversa, i creditori di una società di capitali possono contare soltanto sul primo, che, in caso di recesso di un socio, subisce una corrispondente riduzione (non compensata dalla responsabilità personale del recedente). Ciò giustifica -anzi impone- una interpretazione restrittiva delle norme che prevedono le ipotesi di recesso del socio di società per azioni. Né, in ogni caso, potrebbe giustificarsi una estensione basata su criteri di incerta definizione ed applicazione concreta, quali quelli della durata della vita umana, o anche di un progetto imprenditoriale, che renderebbero eccessivamente aleatorie le prospettive di soddisfazione dei terzi creditori.”
Trattandosi di recente cambio di orientamento giurisprudenziale (seppur da anni sposato in Dottrina) si crede necessario mantenere un prudente atteggiamento nel regolare il termine di durata e le eventuali ipotesi di deroga al diritto di recesso.