CGUE, sez. VI, 16 dicembre 2021, C-274/20
La Polizia stradale di Massa Carrara contestava ad un cittadino slovacco la violazione dell’art. 93 c. 1-bis C.d.s. in quanto, residente in Italia da più di 60 giorni, si trovava alla guida del veicolo della moglie immatricolato in Slovacchia, venuta a trovarlo per vacanza in quanto residente in Slovacchia.
In breve, la normativa italiana, sub art. 93 c. 1-bis, c.d.s. prevede che: “il soggetto che risiede in Italia da più di 60 giorni e che intende circolare in Italia con un veicolo immatricolato in un altro Stato membro, deve procedere obbligatoriamente anche alla sua immatricolazione in Italia”, con conseguente obbligo di revisione, assicurazione e adempimento degli oneri fiscali (bollo auto). A tale contravvenzione si applica la sanzione amministrativa compresa tra euro 712,00 e 2.848,00.
Proposta opposizione, il Giudice di Pace di Massa sospendeva il procedimento, rimandando alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per questioni pregiudiziali, chiedendo se fosse ravvisabile o meno la violazione dell’articolo 63 co. 1 TFUE per cui: “nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi”.
Di tutta risposta, la Corte di Giustizia dell’Unione Europa evidenziava la discriminazione creata dalla normativa nazionale che, in spregio ai canoni comunitari, dissuaderebbe ipotesi di comodato/locazione (anche commerciale) di autovetture da Paesi UE rispetto a veicoli italiani, imponendo ai primi, al semplice trascorso del termine di 60 giorni, una serie di spese che ne abbattono la competitività economica.
Testualmente, la Corte: “l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da più di 60 giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale il veicolo è intestato, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l’interessato possa far valere un diritto a un’esenzione, qualora il medesimo veicolo non sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente né sia, di fatto, utilizzato in tal modo.”
Pronuncia che peraltro si pone assolutamente in linea con il già consolidato orientamento per cui “uno Stato membro può assoggettare ad un’imposta di immatricolazione un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, qualora tale veicolo sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel territorio del primo Stato membro in via permanente oppure venga, di fatto, utilizzato in tal modo” (v., in tal senso, C578/10 e C580/10).
Di conseguenza, è oggi sancito il dovere, per il singolo Giudice, di valutare caso per caso l’effettiva durata del comodato e la natura dell’utilizzo della vettura presa in prestito senza utilizzare “presunzioni generali di abuso” che mal si conciliano con l’ordinamento.
Dal lato pratico, si consiglia a chiunque abbia in concessione un’autovettura, non immatricolata in Italia, in leasing, in locazione o in comodato per motivi di lavoro di portare sempre con sé il documento comprovante, avente data certa, dal quale risultino il titolo e la durata della disponibilità del veicolo.