Il mutuo, ai sensi dell’art. 1813 c.c., è il contratto mediante cui una parte (il mutuante) consegna all’altra (il mutuatario) una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili (cioè sostituibili con altre simili dello stesso valore), che si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità; è un contratto reale, poiché si perfeziona con la consegna del denaro, o delle cose fungibili[1].
Il mutuo è anche un contratto naturalmente oneroso: salvo diversa volontà delle parti, infatti, il mutuatario deve corrispondere al mutuante gli interessi, legali o convenzionali, che costituiscono il corrispettivo del mutuo.
Il mutuo fondiario, previsto dall’art. 38 T.U.B.[2], rappresenta una species del contratto di mutuo la cui peculiarità è individuata dal fatto che trattasi di un finanziamento a medio-lungo termine (massimo 30 anni), garantito da ipoteca sull’immobile oggetto della concessione del credito da parte di una banca.
L’ipoteca che viene accesa sull’immobile acquistato è di primo grado, con la conseguenza che, laddove si verifichi l’inadempienza del debitore, il mutuante ha diritto di soddisfarsi prioritariamente sugli altri creditori ipotecari.
Il mutuo fondiario si distingue dal mutuo ipotecario per le condizioni più favorevoli di cui godono le parti, stante il proposito del legislatore, quale precisa scelta di politica economica, “di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare, estendendo l’accesso ai finanziamenti”[3].
Il mutuatario gode della detrazione degli oneri passivi, di tassi di interessi più bassi, di spese notarili più contenute.
Inoltre, il mutuatario, qualora abbia estinto la quinta parte del debito originario, può ottenere una riduzione proporzionale della somma iscritta; ha inoltre diritto[4] alla suddivisione del finanziamento in quote e al correlativo frazionamento dell’ipoteca, con attuazione coattiva in caso di inerzia della banca.
Infine, può ottenere la parziale liberazione di uno o più immobili ipotecati quando, dai documenti prodotti o da perizie, risulti che per le somme ancora dovute, i rimanenti beni vincolati costituiscano una garanzia sufficiente ai sensi dell’art. 38 T.U.B., nei termini di cui si dirà oltre.
D’altra parte, anche il mutuante gode di cospicui vantaggi, previsti dagli artt. 39 e 41 T.U.B. e cioè:
- l’esenzione da revocatoria per la concessione di ipoteche a garanzia dei finanziamenti e per i pagamenti effettuati dal debitore a fronte di crediti fondiari;
- il diritto di poter continuare o iniziare l’esecuzione individuale pur in presenza di fallimento del debitore;
- la destinazione delle rendite degli immobili ipotecati;
- l’esenzione dall’obbligo della previa notifica del titolo esecutivo ai fini dell’esecuzione forzata, potendo procedere, pertanto, direttamente con atto di precetto.
Tutto ciò premesso, deve rilevarsi che, in particolare, il mutuo fondiario è assistito anche da un’ulteriore fondamentale peculiarità, ovvero il cd. “limite massimo di finanziabilità”.
Il secondo comma dell’art. 38 T.U.B. prevede, infatti, che “la Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi”, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce”.
La soglia in questione è stata determinata “nell’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, ivi compreso il costo dell’area o dell’immobile da ristrutturare”[5].
La stima cui va rapportata la valutazione del rispetto del limite di finanziabilità deve riferirsi al valore dell’immobile: sul punto, deve sottolinearsi che sovente accade che i periti incaricati dalle banche sovrastimino il bene, basandosi solo sul valore del mercato, senza considerare i possibili aspetti decrementativi del valore stesso dell’immobile[6].
Ciò posto, il limite di finanziabilità può essere elevato fino al 100 per cento in presenza di garanzie integrative.
Sul punto, la Corte di Cassazione, con la recente pronuncia n. 9079/2018, ha stabilito che, per essere idonee ad elevare il limite di finanziabilità del valore dell’immobile ipotecato dall’80% al 100%, le cd. garanzie integrative rilasciate a favore della banca creditrice devono appartenere alle categorie indicate dalla delibera CICR del 22 aprile 1995[7] e rispettare i criteri definiti dalla Banca d’Italia (in G.U., 2 aprile 2005, n. 76), ovvero:
- essere direttamente riferibili alla singola operazione di finanziamento;
- coprire esplicitamente le perdite derivanti dal mancato pagamento del debitore per la quota fissata contrattualmente;
prevedere che il loro utilizzo non sia in alcun modo condizionato contrattualmente al verificarsi di eventi diversi dall’inadempimento del debitore;
- non essere revocabili dal garante;
- essere escutibili tempestivamente e a “prima richiesta”.
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Il tema delle conseguenze del superamento del limite di finanziabilità nelle operazioni di credito fondiario è tornato alla ribalta successivamente alla sentenza della Corte di Cassazione n. 17352/2017, che ha “rovesciato” il proprio precedente orientamento e trovato conferma nelle successive pronunce nn. 19016/2017, 6586/2018, 13286/2018, 22459/2018, 22466/2018.
Il giudice di legittimità, infatti, ha stabilito che l’art. 38 T.U.B. contiene una regola di validità del contratto e non soltanto una regola di comportamento destinata alla banca e rappresenta una norma imperativa e inderogabile, che si rivolge al contenuto negoziale del mutuo e che persegue interessi economici pubblici.
Il limite di finanziabilità risponderebbe infatti all’esigenza di circoscrivere il rischio insito in operazioni che non presentino ex ante sufficienti prospettive di effettiva fattibilità e buon esito, proteggendo peraltro il mutuatario dalla possibilità di sopravvalutare il bene oggetto del finanziamento, assicurando, inoltre, al contempo, il rispetto del principio della par condicio creditorum, stanti gli evidenziati vantaggi che sono riservati agli istituti di credito in sede esecutiva e concorsuale.
La Cassazione ha, nell’occasione, stabilito due importanti principi:
- – il mancato rispetto del limite dell’80% determina la nullità di mutuo fondiario e di concessione della relativa garanzia: in particolare, sono state considerate prive di pregio le deduzioni della banca circa la nullità parziale del contratto, riguardante cioè soltanto il mutuo fondiario e la corrispondente e dipendente iscrizione ipotecaria solo per l’eccedenza rispetto ai limiti di legge.
- – la possibilità di conversione del mutuo fondiario in un “ordinario” finanziamento ipotecario, ai sensi dell’art. 1424 c.c. ove ne ricorrano i presupposti[8].
Merita aggiungersi che la pronuncia n. 11201/2018 della Cassazione ha affermato che la nullità totale del contratto di mutuo non incide sull’obbligo di restituire il capitale, poiché l’erogazione del credito da parte della Banca legittimerebbe quest’ultima ad agire ai sensi dell’art. 2033 c.c., trattandosi di indebito oggettivo, ma, secondo autorevole interpretazione, “potrebbe al più far venir meno l’obbligo di pagare gli interessi sul capitale erogato”.[9]
Sulla scorta dell’orientamento che precede, infine, il Giudice di legittimità[10] ha recentemente statuito che l’esclusione del carattere fondiario, derivante dal superamento del limite di finanziabilità dell’80 per cento (o del 100 per cento in caso di garanzia integrativa) comporta “la nullità da omessa previa notifica del titolo esecutivo in difetto di esenzione dal relativo obbligo”.
Conseguentemente, il mutuatario potrà vittoriosamente proporre opposizione agli atti esecutivi entro venti giorni dalla notifica del precetto.
[1] In sede di lavori preparatori del codice civile, è stata consapevolmente rifiutata la formulazione, contenuta in uno dei progetti preliminari, che apriva il mutuo alla conclusione consensuale.
[2] Testo Unico Bancario, d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e ss. mm. ii..
[3] Corte Cost., 22 giugno 2004, n. 175.
[4] Ciò nell’ipotesi in cui si tratti di edificio o complesso condominiale per il quale può ottenersi l’accatastamento delle singole porzioni che lo costituiscono, ancorché in corso di costruzione.
[5] La Banca d’Italia, in conformità alla delibera del CICR del 22 aprile 1995, ha adottato il provvedimento del 26 giugno 1995, al fine di aggiornare la circolare n. 4 del 29 marzo 1988, recante Istruzioni in materia di particolari operazioni di credito.
[6] Un attento interprete ha evidenziato che “nella prassi, il limite di finanziabilità statuito dalla normativa è stato superato con una certa frequenza. Generalmente il superamento non veniva “confessato” in forma espressa nel testo del contratto di finanziamento, ma era un risultato che si raggiungeva mediante l’espediente costituito da una sopravalutazione dell’immobile”, cfr. VALERIO SANGIOVANNI, “Mutui fondiari per l’acquisto di immobili, perizie di valutazione (errate) e conseguenze del sovrafinanziamento” in Immobili & proprietà, 10/2018.
[7] Trattasi di “fideiussioni bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità o contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie, secondo i criteri previsti dalla Banca d’Italia”.
[8] La norma prevede, con riferimento al caso di specie, che il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se ne avessero conosciuto la nullità.
[9] Cfr. VALERIO SANGIOVANNI, ult. op. cit..
[10] Cfr. Cass. Civ. n. 17439/2019.